domenica 18 settembre 2011

Quando Franca scoprì di essere liquida

Franca aprì la grande finestra al secondo piano di casa sua.
Il sole, per quanto ormai tentasse di nascondersi dietro un profilo di montagne, era tradito dal riflesso arancione proiettato sulle nuvole.
Il cielo era stato coperto tutto il giorno, spesso e pesante, le nuvole, pensava Franca, riuscivano a dare una dimensione al cielo. Sembrava più facile pensare di poterlo toccare.
Erano da poco passate le sette, si sentiva già l'odore della sera, il freddo impregnato di umidità che di solito accompagna la notte era pronto a riempire l'aria.
Scavalcò il davanzale e vi si sedette, le gambe ciondolanti, i talloni sfiorarono i mattoni che rivestivano la casa.
Ora che il sole ha deciso di andare a far visita alla'altra metà del pianeta - pensò - le nuvole iniziano a diradarsi...Dannazione.
Fette di azzurro scuro ora si intravedevano tra l'arancio e il rosa delle nuvole, a cui l'aria aveva dato forme striate e turbinose, formavano cerchi e strisce che all'orizzonte apparivano sempre più sottili.
In quel momento un alito di vento smosse le chiome degli alberi nel suo giardino, un'unica foglia, completamente gialla tra un mare di foglie verdi, si staccò e svolazzò sino a toccare il prato.
Un piccolo gatto ci si buttò subito sopra, pensando di essere una tigre e di aver acchiappato chissà quale preda. Ma appena la toccò si prese paura, fece un salto e corse via velocemente, a Franca parve di udire un seccato "miao".
C'era stato un tempo che non era poi così lontano, ma che ora a Franca pareva appartenere ad un'altra vita, in cui le stagioni condizionavano la sua esistenza. Si sentiva oppressa dall'inverno, intristita dall'autunno, speranzosa in primavera e felice in estate. Negli ultimi tempi si era accorta di quanto fosse sciocca. Era uno schema troppo rigido. Era finita per diventare così: non era più lei a decidere, seguiva semplicemente lo schema. Incredibile quanto fosse fragile e vittima di se stessa, nemmeno si rendeva conto di essersi suggestionata da sola.
"Cretina..."
Osserva ancora le strane geometrie delle nuvole e pensa. Qualcosa è successo, qualcosa mi ha cambiata. Chi mi credo di essere? Sono una tutta d'un pezzo, io! Perchè il bisogno di aggrapparsi a quel modo allo scorrere del tempo?
Ogni uomo ed ogni donna ha bisogno di certezze ed il tempo pare scorra inesorabile.
La poesia di quella foglia gialla, i brividi di questo freddo un po' frizzante, dicono solo una cosa, che forse avrei potuto scoprire prima.
Credevo di essere troppo piccola per prendere in mano la mia vita.
"Infatti lo sei", è una nuvola a dirglielo, che dall'alto, enorme com'è, sembra riempire tutto il cielo.
"Ma la tua vita non la devi mica prendere in mano! La tua vita è una goccia in un fiume, come la metti adesso? Il fiume è il tempo, e che sia ruscello o sia cascata, tu ci sei dentro, e siete tutt'uno!"
Era il riflesso del sole negli occhi, doveva essere l'estate, era un rumore di foglie secche ridenti sotto le scarpe, questo l'autunno, il naso arrossato e le sciarpe di lana a colori, il gelido inverno, la primavera fatta di stordimenti da profumo.
D'un tratto immaginò il suo corpo come un'onda, come un vaso sul tornio, sognò correnti che la facevano viaggiare ed infrangere, mani amiche che le davano nuove forme, pensò che a volte il fatto di avere una pelle era un bel vantaggio. Perchè? Bé, si ha presente l'uovo senza guscio, la cellula senza membrana, una bellezza all'interno, ma un vero peccato a vederla versata sul pavimento.
Dentro era liquida, un universo liquido, e prendeva la forma del suo contenitore, per questo ogni persona era diversa dall'altra, per questo a volte si è belli anche fuori.
"Non si potrebbe piangere se dentro non si fosse un poco liquidi, giusto? E se si mettono insieme tutti gli uomini di questa terra si ottengono altri tre oceani e le terre emerse vanno tutte a farsi benedire! Sì sì, senza dubbio, la pelle è una bella trovata."
"Continuare a starsene seduta sul marmo freddo del davanzale, stringendosi sempre di più nel golfino. Ecco, è tutto qui quello che mi riesce di fare ora che abbiamo constatato che dentro sono una molliccia pozzanghera?"
"Forse non mi serve a niente, ma quando uno si sente abbandonato, cosa deve fare?"
Il gattino passò di nuovo sotto i suoi piedi, lungo il muro della casa, scrutando sospettoso da lontano la foglia che prima l'aveva aggredito.
- Micio, è solo una cavolo di foglia! - esclamò Franca. La bestiola alzò la testa confusa, e fece miao.
- Miao miao! Sempre le stesse risposte...sei così loquace micetto mio! - gli disse.
- Che dici, vengo giù lì con te? - il gatto sgranò i felini occhi verdi, la pupilla era una linea nera.
Appoggiò i polsi sulla pietra, una piccola spinta e...hop!
Franca assaporò una frazione di quel fiume di tempo, la foglia, la nuvola, l'arancione, il freddo, poi la forza della terra l'attirò egoista verso di sé.
Così Franca si aprì e si dissolse, rovesciandosi, riempiendo il marciapiede di liquido. Sì, rosso.






1 commento:

  1. Il racconto è veramente bello e, come al solito, emerge con prepotenza l'accuratezza introspettiva.

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