giovedì 23 dicembre 2010

La sciarpa rossa

Uno, due. Uno, due. Uno, due. Li contava, i suoi passi, le sue impronte sullo strato sottile di neve.
Voleva farne una fila, lo stampo delle suole delle sue scarpe, una dietro all’altra.
Ondeggiava nell’aria le braccia, cercava l’equilibrio. Dannato equilibrio.
A dire il vero, voleva solo distrarsi, pensare ad altro, possibilmente a niente. Guardava ora per terra, ora in su, piccoli cristalli di ghiaccio le pungevano le palpebre, socchiude leggermente gli occhi ed è accecata dalla luce di un lampione. Il viale era deserto, le ombre dei rami spogli disegnavano inquietanti geometrie sul terreno.
Adesso arriva, lo sai che arriverà. Di solito non doveva uscire da sola, veniva a trovarla per conto suo, senza nemmeno bisogno di chiamarlo. Però quella sera, quando si era ritirata nella sua camera, non si era fatto vivo. All’inizio pensava si stesse nascondendo, ma non trovandolo da nessuna parte, aveva deciso di andarlo a cercare fuori. Per la foga si era scordata la giacca, aveva preso solo la sciarpa. Quella se la ricordava sempre, perchè era rossa, e il rosso era il suo colore preferito. Aveva scavalcato la finestra, si era tuffata nella neve e aveva iniziato a correre, incespicando nei suoi stessi piedi; così, dopo un paio d’ore, era capitata nel viale. Anche se le sue labbra erano viola, le estremità del suo corpo erano ghiacciate, le orecchie le fischiavano a causa del silenzio della città alle due di notte, non ci faceva nemmeno caso, erano niente in confronto a quello che era il suo scopo.
A quel punto, era sicura di essere nel posto giusto, aveva iniziato a compiacersene. Canticchiò una vecchia canzone che aveva sentito da piccola, come facesse a ricordarsela ancora è un mistero. Un barbone che se ne stava accucciato vicino a una panchina giocherellando con un accendino, vedendola aveva iniziato a battere le mani a tempo e aveva sorriso mostrando i suoi unici due denti.
- Ti piace la mia sciarpa? – gli aveva chiesto gongolando, ma lui non aveva risposto, aveva solo emesso una risata rauca e sgraziata.
Dopo che il suo povero amico fu crollato in preda al sonno nel suo cartone, aveva notato un gatto attraversare la via lasciando dietro di sé una scia di minuscole orme. Istintivamente si era voltata e si era accorta che dietro di lei succedeva la stessa cosa. Aveva iniziato a giocare. Sperava che distraendosi il tempo sarebbe passato più in fretta, e lui sarebbe arrivato prima.
Non voleva perdere le speranze, nonostante l’angoscia e la delusione iniziassero a impadronirsi di lei. Alzò lo sguardo, con gli occhi lievemente lucidi. E finalmente lo vide. Poco più di venti metri tra di loro, lo riconobbe ugualmente, per il modo assurdo in cui si vestiva, era sempre stato un po’ egocentrico, ma era così che le piaceva. Sorrideva in modo piacevole. Il cuore iniziò a farsi leggero, finalmente, il suo amore era lì, le era mancato così tanto. Iniziò a saltarellare verso di lui, ridendo forte, tendendo le braccia. Poi qualcosa la trattenne, da entrambe le spalle. Due mani, due persone in camice bianco, una di loro impugnava una cassetta con una croce rossa sopra.
- Eccoti, finalmente! Perchè sei uscita? Lo sai che da sola è pericoloso....-
- Dai torniamo al Centro o rischi di ammalarti seriamente...-
- No, no! Per favore, mi dovete lasciare! Proprio ora che è venuto! – strillava e si dimenava, piangeva, la dovettero trascinare verso la macchina ancora accesa, posteggiata lungo il viale.  
Ora, anziché lasciare impronte, nella neve solo strisce disordinate, lasciate dalle sue ginocchia che strascicavano sul terreno nel tentativo di fare resistenza. La sciarpa scivolò in terra.
- Non c’è nessuno, nessuno! Ti prego, cerca di calmarti, è tutto ok...- nonostante la voce dell’infermiere fosse calma e dolce, la sua disperazione cresceva.  
Lo guardò un’ultima volta, aveva cessato di sorridere, piano piano andava dissolvendosi, si faceva sempre più indistinto, fino a sparire nell’aria, mescolandosi con i fiocchi di neve che cadevano in silenzio. Così come aveva sempre fatto a cominciare da quel dannato giorno in cui l’avevano ricoverata nel Centro.

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